I Borgonauti, sempre impegnati nella scoperta delle bellezze locali, hanno dedicato nel mese di maggio una tappa ad una città che, grazie alla sua posizione elevata, offre paesaggi a cui nessun occhio umano può restare indifferente: Caiazzo. Posta nella Media Valle del Volturno, il borgo è maestosamente circondato dalle variegate colture nelle aree pianeggianti, rese fertili dall’abbondanza di corsi d’acqua, a cui fanno da contrasto, alle quote più elevate, le formazioni boschive di rovere e leccio. I colori dei monti e delle vallate, intensi come pennellate, creano uno scenario idilliaco, che rievoca le leggendarie origini del luogo: principio di tutto fu l’amore passionale e contrastato tra il dio Volturno e la ninfa Calatio, figlia di Tifata, la quale per sfuggire all’ira e alla disapprovazione del padre trovò riparo in questo splendido territorio e vi fondò una città: Caiatia.

Se il paesaggio sembra un evanescente omaggio alla radice mitologia del borgo, il centro abitato invece incarna l’essenza di una lunga storia, in cui ogni popolo dominatore ha contribuito all’evoluzione della sua ricca bellezza: Caiazzo, fondata secondo le fonti storiche più accreditate dagli Osci tra il IX e l’VIII secolo a.C., come confermano alcuni tratti delle mura pelasgiche, visse dapprima una fase di influenza etrusca e poi sannitica, svolgendo un ruolo di supporto nelle relazioni commerciali. Successivamente la città rientrò sotto il dominio di Roma, attraversando un periodo particolarmente florido sia dal punto di vista culturale che architettonico, testimoniato anche da alcune lapidi onorarie rinvenute nelle vicinanze del sito, che riportano il nome della casata imperiale Giulia. È proprio in questa fase che Caiazzo trasformò il proprio volto, assumendo l’assetto urbanistico di una città vera e propria. La crescita dell’antica Caiatia da quel momento in poi si arricchì dell’intervento successivo dei Longobardi, che nel X secolo elevarono l’abitato a Contea, edificando uno degli emblemi della città: il castello. In epoca medievale il dominio del luogo passò ai Normanni e Rainulfo II di Drengot ne divenne il signore. Fu poi la volta degli Svevi, nel XIII secolo, con Federico II, che decise di fondarvi una delle tre Corti dei Conti del Regno. In seguito Caiazzo fu scelto come luogo di caccia da Carlo e Ferdinando IV di Borbone.

Passeggiando nel cuore del borgo, di questo passato pieno di forti mutamenti se ne riscontrano testimonianze in ogni pietra levigata, in ogni arcata, in ogni stradina accarezzata dal tempo. Si scoprono così le mura megalitiche, i vicoli medioevali, le chiese rinascimentali e barocche, come la Basilica di Maria SS. Assunta e Santo Stefano Menecillo, e i palazzi catalani del XV secolo con i bellissimi portali. Alzando gli occhi al cielo, si può ammirare il simbolo storico-artistico del luogo: Il castello longobardo di Caiazzo. Situato sull’Arce romana, esso fu realizzato per volontà del secondo conte di Capua, il longobardo Landone Matico. Divenuto col tempo di proprietà privata, la struttura conserva poche tracce della fisionomia originaria, essendo stato radicalmente modificato nel XIX secolo. Infatti, oggi l’edificio presenta numerosi ampliamenti, risultato dell’accostamento di più corpi così distinti: residenza nobile, cappella, ambienti di servizio e torre. Nei suoi pressi si possono però ancora scorgere delle mura poligonali sannite, risalenti al IV secolo a.C. Diversi personaggi illustri hanno dimorato in questa splendida roccaforte, come il poeta Torquato Tasso, l’imperatore Federico II e Pier Della Vigna, menzionato da Dante Alighieri nell’Inferno, e sotto il regno di Alfonso I d’Aragona ospitò la favorita del re: Lucrezia d’Alagno. Nel territorio tra Monte Santa Croce del comune di Piana di Monte Verna e il centro urbano di Caiazzo, si trova una collinetta conosciuta come «Castello delle Femmine». Sulla sommità si trovano i resti di un piccolo insediamento fortificato medievale, già segnalato come castrum feminarum in una pergamena del 1119 ed in un elenco di decime del 1326-1327, in cui, secondo un’antica leggenda, si preparavano giovani donne a diventare cortigiane a servizio dei feudatari del luogo.



Pro Loco Caiazzo “Nino Marcuccio” e il Palazzo Savastano
Grazie all’Associazione di promozione sociale PRO LOCO CAIAZZO, inserita nel registro nazionale come affiliata UNPLI e dedita alla valorizzazione e promozione del territorio, è stato possibile recarsi al meraviglioso Palazzo Savastano. La visita è stata accompagnata da una spiegazione accurata, offertaci da Annarita, la quale ha saputo alimentare il nostro interesse per i dettagli dell’imponente struttura, descrivendo le caratteristiche artistiche del palazzo e la sua storia. L’edificio attuale è il risultato di una serie di modifiche delle strutture preesistenti, realizzate nel corso del XVII secolo, probabilmente ad opera della famiglia Fortebraccio. Il palazzo, attualmente di proprietà della famiglia Savastano, presenta una facciata tardobarocca, ed è composto al piano nobile da sette aperture, ornate da busti allegorici in terracotta, che rappresentano i giorni della settimana. Il maestoso portone è contornato da locali che servivano nel passato da botteghe. Altrettanto interessante è il cortile interno con le sontuose scale a forbice, che permette di accedere ai piani superiori. Frontalmente, è presente lo stemma della famiglia De Pertis, formato da due stucchi di leoni rampanti. Una volta superata la prima rampa di scale, è possibile ammirare due affreschi, di origine ottocentesca, che riproducono paesaggi all’alba e al tramonto. Il piano nobile raggruppa invece diverse sale, tra cui emerge la bellezza del salone centrale, il solo ad essersi interamente salvato dal disastroso incendio, che colpì la struttura durante la seconda guerra mondiale. Ogni stanza del palazzo sfoggia un arredamento ricco, riconducibile a varie epoche, come i raffinati pavimenti settecenteschi, gli imponenti stucchi e affreschi ornamentali e i preziosi lampadari.


A conclusione di questa tappa borgonautica, si è radicato nel profondo dei nostri animi l’entusiasmo per le meraviglie paesaggistiche e artistiche del territorio caiatino. Questa stessa sorpresa rende inevitabile la riflessione sulla necessità di dare la giusta luce ad opere di importanza storica e bellezza artistica, cadute nell’oblio o nella morsa della privatizzazione. In tal senso, il lavoro della pro loco, come è da esempio quella caiatina “Nino Marcuccio”, fa sì che le testimonianze del nostro passato siano valorizzate e ricordate, rendendole accessibili al pubblico. Consci di ciò, ci si accorgerà che ogni borgo ha voglia di condividere la sua storia e, per quanto complessa e travagliata sia stata, è dovere dell’uomo lottare affinché esso ottenga il diritto di raccontarla. L’auspicio, che ogni borgonauta può rivolgere ai visitatori di borghi, è di osservare queste antiche città con il fervore della ricerca e della scoperta, poiché solo così sarà possibile ricomporre i frammenti delle nostre radici.
Marica Fiorito