Non sembra un sabato qualunque un sabato molisano!
Primo agosto: caldo torrido, prime partenze verso località marine, incertezza sul traffico stradale… ma niente ferma l’impavida ricerca dei borghi perduti dei Borgonauti, che questa volta hanno deciso di approdare in terra molisana.
In realtà in questa terra di mezzo, imparentate entrambe con i Sanniti, Molise e Campania condividono tradizioni di lingua e cultura e da sempre si scambiano doni. Ricordiamo ad esempio quello del 1863 quando Venafro dalla passata provincia Terra di Lavoro viene annessa all’attuale Molise e ne diventa la sua porta.
Ma Venafro a sua volta, generosa da tempi ben più antichi, dona il fiume San Bartolomeo, con le sue acque sorgive nel pieno centro della città, al possente Volturno. Due terre quindi, dove le acque si confondono e non esistono confini! Queste acque le si incrocia appena si entra nel centro cittadino, accolti dalla Palazzina Liberty -nonché dalle simpatiche oche- oggi centro di mostre e conferenze, nel secolo scorso centrale idroelettrica e molto prima ancora sede del “Mulino della Corte”.
L’incantevole scenario della Palazzina che si affaccia sul laghetto preannuncia che Venafro abbia tanto da vedere e che ogni angolo riserva delle meraviglie!


GENESI DI VENAFRO
Non è facile stabilire quando e dove sia sorto il primo insediamento venafrano; probabilmente il territorio fu abitato fin dalla Preistoria perché sono stati rinvenuti alcuni arnesi in bronzo e resti umani nella Piana di Venafro. Tuttavia nella tortuosa e lunga linea del tempo, la nascita di Venafro è ancora incerta, i primi tasselli della sua storia sono ancora gelosamente custoditi sotto il suolo, magari all’ombra di un ulivo o forse trasportati dal Volturno…
Per orientarci, allora in questo tempo infinito, ci siamo fatti guidare dai due musei della città: il Museo Archeologico e il Museo Nazionale di Castello Pandone


MUSEO ARCHEOLOGICO
La sede del museo ci dice molto sulla sua vecchia destinazione; si tratta infatti dell’ex convento di Santa Chiara costruito nel XVII secolo e che ospitava le suore dell’ordine delle clarisse. Il percorso museale racconta circa mille anni della storia della città: dalle necropoli della società sannita, passando per la Venafrum romana fino a raggiungere la spiritualità del Medioevo.
Di esemplare bellezza è la statua di Venere (momentaneamente in prestito presso il museo di Forlì), che sembra aver compiuto il suo bagno rituale. La statua dalle morbide curve è probabilmente una decorazione di fontana appartenente ad una domus di prestigio, perfettamente conservata e davvero bellissima.
Si trovano inoltre reperti provenienti dall’abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno, salvati dall’attacco dei Saraceni nell’881. Grazie a questi reperti è stato possibile non solo riconoscere l’importanza religiosa, economica e culturale di questa cittadella monastica ma anche ricostruire molti aspetti della vita quotidiana dei monaci durante il Medioevo. La visita infine non può terminare senza aver ammirato i celebri scacchi di Venafro, i più antichi d’Europa…una vera chicca!



Le esposizioni all’interno delle sale del museo archeologico ci hanno guidato fino al Medioevo ma siamo ancora a metà strada! Colpa di questo ritardo le continue pause dei Borgonauti per scattare la foto ricordo perfetta; per rimanere incantati dalla vista delle montagne che circondano l’intero complesso; per lasciarsi estasiare dal suono delle campane che in perfetta sincronia riecheggiano da tutti i campanili della città; per fotografare la chiesa di San Francesco, ben visibile dalle finestre dell’ex convento nel vano tentativo di rimuovere le macchine in sosta dall’obiettivo fotografico.
Prima di lasciare il museo, ci siamo concessi ancora un po’ di tempo per chiacchierare con la signora Lina, addetta alla vendita dei biglietti, tramite la quale scopriamo che in Molise per la carenza di personale molte bellezze del territorio restano chiuse. I turisti quindi, o si affidano alle aperture straordinarie dei siti oppure… non si ha scelta e si va via con grande rammarico. Ma esiste una terza alternativa, l’opzione Borgonauti: mettersi in contatto con i volontari del posto che noi chiamiamo “angeli”. Convinciamo quindi la signora Lina a fornirci il numero di un “angelo” di Venafro, il signor Nicandro, carabiniere in pensione, e concordiamo un appuntamento per visitare la Chiesa dell’Annunziata.


MUSEO NAZIONALE DI CASTELLO PANDONE
Quindi dove eravamo rimasti? Continuiamo il nostro viaggio nel tempo nelle stanze del castello le cui prime pietre sono opera prima dei Sanniti e poi dei Longobardi. Tali primordiali fortificazioni vengono poi plasmate dai Normanni, Angioini e Aragonesi; insomma nelle mani delle dinastie che hanno stabilito le sorti del Sud Italia per molti secoli. Ma il periodo che sicuramente ha lasciato al castello un aspetto unico e inconfondibile risale al 1443 quando passa alla custodia della famiglia Pandone.
In particolare Enrico Pandone, conte di Venafro, convertì la fortezza in una residenza signorile e negli anni fece affrescare gli ambienti del piano nobile con un ciclo di raffigurazioni (a grandezza naturale) interamente dedicate ai suoi cavalli che egli stesso allevava con tanta dedizione nelle scuderie del castello; una testimonianza della passione che il conte venafrano nutriva per questi nobili animali. Se oggi Enrico fosse ancora vivo, probabilmente avrebbe commissionato delle stampe digitali per i suoi cavalli ma per fortuna è vissuto mezzo millennio fa e ci ha lasciato degli affreschi il cui valore artistico è grande!
Al secondo piano, l’itinerario continua con l’esposizione di affreschi, sculture, tele e disegni che documentano l’arte dal Medioevo al Barocco nonché testimonianze pittoriche e fotografiche fino a giungere al XX secolo. Tra queste opere, di rara bellezza è il polittico di alabastro proveniente dalla Chiesa dell’Annunziata di Venafro.



Ovviamente anche qui non è mancata la chiacchierata con la guida del museo, una gentile signora di Caserta adottata con amore dalla città di Venafro e gli immancabili scatti dal terrazzo del castello dove si può ammirare un panorama unico.



CHIESA DELL’ANNUNZIATA
Venafro è anche conosciuta come la Città delle 33 chiese per il gran numero di edifici religiosi tra cui si distingue la Chiesa dell’Annunziata, uno degli esemplari più belli di architettura barocca del Molise. Abbiamo avuto la fortuna di vederla all’interno grazie alla devozione del signor Nicandro per la sua città di cui porta il nome di uno dei suoi Santi patroni ovvero San Nicandro e Santa Daria sua sposa e San Marciano.

La fama di questa chiesa è pianamente comprovata; l’interno è contraddistinto da un’unica immensa navata e appena si entra si rimane incantati di fronte ad un bianco così brillante spezzato dalla vivacità degli affreschi eseguiti da abili pittori, dei quali alcuni furono allievi del Vanvitelli.
Gli affreschi che più degli altri attirano l’attenzione appartengono al ciclo dedicato alla Madonna. Di tale ciclo il signor Nicandro ci fa notare un unicum nelle rappresentazioni pittoriche all’interno delle chiese: due natività poste una di fronte l’altra sull’abside del complesso ed in particolare, si tratta della maternità di Sant’Anna e quella della Vergine Maria.
Ci sarebbe ancora tanto da dire su questa chiesa meravigliosa, ma il rischio di diffondere imprecisioni è alto, quindi meglio limitarsi ai ricordi più nitidi.





ULTIMI SGUARDI ALLA CITTA’ DI VENAFRO
Probabilmente l’attenzione dei lettori sta per esaurirsi, così come il tempo avuto a disposizione per visitare le altre (ma non ultime) bellezze di Venafro…quindi niente paura perché il resoconto della passeggiata sta per terminare.
L’ora del tramonto si avvicinava e nuvole nerissime provenienti dalle montagne presagivano un terribile temporale estivo, tuttavia decidemmo di fare una visita fugace al Verlasce e lunga la via di casa raggiungere con la macchina il Parco Regionale dell’olivo.
Il Verlasce, unico in Italia insieme al Parlascio di Lucca, (ahimè meno noto della piazza toscana, sede di eventi e manifestazioni) era in origine un anfiteatro romano e ciò è bene visibile dalla conservazione della pianta ellittica. Successivamente l’impianto romano subì delle sovrapposizioni medievali, infatti il complesso fu adattato al contesto rurale e con la realizzazione di piani sovrapposti trasformato in abitazioni. Si tratta di un monumento davvero particolarissimo dal punto di vista artistico e architettonico ma che allo stesso tempo testimonia un passato di cui oggi restano solo le sterili pietre. Queste antiche case medievali infatti sembrano abbracciarsi e richiamano un senso di comunità oggi diventato raro.


Il temporale era ormai imminente, le nuvole sul punto di scoppiare ma non rinunciamo all’ultima tappa. Percorriamo la strada alle spalle della Concattedrale e raggiungiamo il Parco dell’olivo; velocemente scattiamo qualche foto nel tentativo di immortalare la serenità degli olivi secolari, la pace di un luogo tanto mistico. Come ladri in fuga rubiamo le ultime essenze di Venafro e poi scappiamo con la consapevolezza di ritornare e con le prove per smentire che il Molise non esista!



