Barigazzo: il tempo ritrovato

Esiste un posto dove il tempo scorre col suo ritmo naturale? Abituati alla frenesia delle grandi città, probabilmente alla domanda faremmo fatica a rispondere. Ebbene,qualche volta capita di smentirsi e di riscoprire quel senso del tempo che l’uomo moderno ha perso ad una fermata della metropolitana. No, non troveremo di nuovo il tempo nel traffico vorticoso delle città. Questa volta il tempo lo troviamo proprio dove non avremmo mai immaginato. Negli ultimi anni abbiamo avuto la possibilità di apprezzare il miracolo della vita ma anche la sua caducità e l’impellente bisogno tutto umano di vivere il nostro tempo, nel nostro tempo e in comunità. La pandemia ci ha riportato alle origini delle necessità, alla nostra natura e alla Natura. È in questa circostanza che si scoprono luoghi autentici come quello di cui vi sto per parlare. Barigazzo, frazione di Lama Mocogno, sull’Appennino Modenese, è la materializzazione di una realtà autentica, fatta di tempo, comunità, tradizione e sentimenti. La scoperta di Barigazzo non è stata e non è nel mio caso una semplice e singola passeggiata sull’Appennino, ma una vera esperienza di vita; come dicevo, un ritorno al senso del tempo, al tempo interiore di ciascuno di noi. Gli appassionati di storia e di camminate attraverso i boschi apprezzerebbero sicuramente questo piccolo borgo incastonato ai piedi del Monte Cantiere. La storia di Barigazzo si fonde e si confonde con leggende e tradizioni, musica e folklore. Già Plinio il Vecchio nella sua monumentale opera Naturalis Historia cita la località di Barigatium, facendo riferimento ad un fenomeno naturale legato alla comparsa di alcuni fuochi provenienti dal sottosuolo. Chiaramente, oggi sappiamo che quanto raccontato da Plinio il Vecchio trova la sua spiegazione scientifica in una naturale sorgente di metano. Come ogni eredità del passato pagano, anche il fenomeno dei fuochi di Barigazzo si trasforma ben presto in un racconto che mescola leggenda e religione. Secondo la tradizione, durante una notte tempestosa, una fanciulla del posto sentì bussare alla porta due uomini, rispettivamente il nobile Obizzo da Montegarullo e il suo scudiero: la fanciulla li accolse e i due ripresero il loro cammino. Tuttavia, lo scudiero tornò indietro e con impeto afferrò la fanciulla e la portò via sul suo cavallo. La ragazza pregò intensamente San Giorgio che la salvò, disarmando lo scudiero: il mattino seguente,alcuni viandanti videro la fanciulla aureolata in una fiamma che veniva proprio dalla terra. Questa leggenda contiene molti degli elementi che caratterizzano la storia e la cultura del posto: Obizzo da Montegarullo che ha tessuto la trama della storia medievale del borgo e San Giorgio, santo patrono del borgo a cui la comunità, da sempre, ha affidato le proprie preghiere, intitolandogli la chiesa. La chiesa di San Giorgio (che anticamente era collocata nella parte vecchia di Barigazzo) oggi sorge poco più sopra di Campo dell’Orto, l’antica borgata della famiglia Lancellotti.



Oggi, a Campo dell’Orto vivono alcuni dei discendenti dei Lancellotti, i Tazzioli. Di essi, alcuni ancora conservano con orgoglio e sapienza le tradizioni, in special modo quelle musicali. Chiunque arrivi a Barigazzo dovrebbe fare la conoscenza di Fabrizio Tazzioli, meticoloso contadino e liutaio. Fabrizio mi spiega i segreti della sua terra, brulla, sassosa eppure sempre pronta a regalare i suoi frutti se coltivati con amore, pazienza e rispetto. Mi parla del suo grano antico, della forza che la natura sprigiona in estate e dell’ altrettanta pazienza silenziosa che manifesta nei gelidi inverni. Ma Fabrizio è anche un liutaio appassionato, così come lo era il suo bisnonno Ottavio del quale conserva un suggestivo ritratto oltre che il mestiere artigiano. Barigazzo è dunque anche meta per gli appassionati di musica. Entrare e visitare il laboratorio di Fabrizio è un’esperienza unica che permette di tornare a quel concetto di tempo prezioso: il tempo si manifesta nella paziente attesa della natura e delle stagioni, ma anche nella rigorosa arte della liuteria che mescola estro musicale e tecnica di produzione. L’eredità dei Tazzioli non è solo liuteria, ma anche e soprattutto musica, una musica fatta di condivisione familiare ma anche di comunità. La famiglia Tazzioli, infatti, conserva gran parte della tradizione musicale di Barigazzo, dal momento che verso la fine dell’Ottocento Ottavio Lancellotti fondò l’omonima orchestra. Nell’orchestra tanti familiari e tanti strumenti a corda: violini, contrabbasso e chitarre. Gli stessi che oggi vengono costruiti con sapienza da Fabrizio. Se in origine allietava feste e matrimoni, oggi l’orchestra Tazzioli si occupa della conservazione della tradizione musicale della famiglia e, più in generale, dell’Appennino Modenese.


Legato alla musica dei Tazzioli è il Gruppo folkloristico di Barigazzo, fondato negli anni ’70 e ancora oggi particolarmente attivo sul territorio: tra valzer, mazurche e abiti d’epoca, il gruppo conserva la propria tradizione e fa tesoro delle proprie radici culturali.

E’ anche per questo che la musica, a Barigazzo, si fa comunità e diventa momento di generosa condivisione. Chi visita Barigazzo avrà l’impressione di chiudere un cerchio, di sentire la completezza, di sapersi parte di un tutto più grande di noi: il tempo resta se stesso, la natura scandisce il ritmo della vita, le stagioni riflettono ancora e in eterno il rinnovarsi, il riscoprire; le sapienti mani dell’uomo modellano la Natura e con essa pacificamente convivono. A Barigazzo l’autenticità si fa musica dell’animo. A questo posto e ai suoi abitanti devo tanto, non solo l’esperienza di una costante e lunga permanenza, ma anche e soprattutto il caloroso senso d’accoglienza trasmesso. Ai barigazzini e ad alcuni in particolare dedico questo racconto, per tutto l’amore che essi mi dimostrano ogni giorno e per la sensazione d’essere non forestiero ma parte della loro famiglia.

Delia Brusciano