Indietro nel tempo a Castel Morrone, le Termopili d’Italia

Dopo un momento di pausa, legato alla congiuntura di diversi momenti storici (lockdown, pandemia, ecc.) e personali (nuovi impegni, progetti e percorsi lavorativi), riprendiamo con ancora più fervore le nostre passeggiate borgonaute insieme, alla ricerca di borghi da scoprire, tradizioni da conoscere, sentieri da attraversare, artigiani, artisti, musicisti, abitanti da conoscere e soprattutto storie di luoghi, di persone, di culture da raccontarvi! Questa era ed è la nostra battaglia: cercare di squarciare un po’ il velo che copre alcune perle del nostro Paese, ingiustamente ignorate o dimenticate.

Ed è casuale ma fortemente simbolico riafferrare il filo della trama dei racconti delle nostre scoperte da un borgo che ha visto svolgere sul proprio suolo tante battaglie: oggi infatti vi parleremo di Castel Morrone, le Termopili d’Italia, un piccolo paese in provincia di Caserta che ha una interessantissima storia alle sue spalle!

La nostra passeggiata a Castel Morrone

Prima di giungere a Castel Morrone, in una bella Domenica di questo caldo autunno, le uniche informazioni in nostro possesso erano che Castel Morrone fosse una località del Casertano che vantava un bellissimo Castello, costruzione a cui richiama anche il nome del paese, e che non fosse possibile considerare il borgo come un’unica entità, dal momento che esso è un “comune diffuso”, ovvero un agglomerato diviso in varie frazioni, tanti piccoli centri, ciascuno con una sua identità e una propria storia. La nostra fortuna è stata avere come guida un noto abitante di questo evocativo luogo, il signor Pino, grande promotore della cultura del luogo, che, con la sua disponibilità ed enorme passione, ci ha guidato nei meandri del posto e raccontato le (dis)avventure e le storie che si sono intrecciate nel corso dei secoli all’interno della Storia con la S maiuscola che è stata molte volte protagonista a Castel Morrone!  Non è un caso infatti che venga denominata “Le Termopili d’Italia”.

La nostra guida ci ha condotto lungo il cammino e aperto, materialmente, chiavi in mano gentilmente prestate dal Comune, e metaforicamente, le porte chiuse dei luoghi simbolo del borgo.

«Castello di Morrone si vede da ogni Cantone»

Il nostro piccolo borgo si estende su un dolce territorio collinare circondato da una cornice di docili rilievi che si affacciano sulla piana del Volturno. Dopo aver incontrato il signor Pino in Via Scese Lunghe, all’ingresso di Castel Morrone, davanti alla storica pasticceria Sparaco, di cui vi parleremo tra poco, subito ci siamo mossi in direzione Monte Castello, che è stato, sin dall’inizio del percorso, la nostra meta, la collina su cui salire, l’approdo verso cui tendere, la cima da scalare e conquistare: lì ci avrebbe atteso la Storia.

Panorama salendo verso Monte Castello
Panorama salendo verso Monte Castello

La sua posizione strategica l’ha resa, nel corso degli anni, un incredibile osservatorio. Infatti, se si scruta bene, essa lascia ammirare panorami immensi a cominciare dal Massiccio del Matese fino ai Monti Trebulani e alle più profondi valli che si incuneano verso il Sannio, mentre in basso il Volturno fluisce verso Capua in una morbida conca in cui albergano paesi e città testimoni della più grande battaglia conclusiva del Risorgimento italiano. Verso sud, quando il cielo è limpido, lo sguardo arriva fino al golfo di Napoli, regalando una carrellata di scorci di bellezza impagabile.

Scorci panoramici
Borgonauti in esplorazione
Le tracce della storia

Alla sua posizione è legata tutta la storia di Castel Morrone che, in realtà, ebbe inizio nel 313 a.C. con la distruzione da parte dei Sanniti di Plistica, i cui abitanti superstiti fuggirono nella vallata sentendo l’urgente necessità di costruire una fortificazione o meglio un “Castellum” in cui rifugiarsi per proteggersi da eventuali nuove incursioni.

Il castello

Da qui il nome del monte che non è però da collegarsi con i ruderi di un castello medioevale che pure sono ancora visibili. Già salendo con l’auto lungo le vie di Castel Morrone, in cima al monte è possibile scorgere le suggestive mura del castello, che protendono verso il cielo e si può osservare la presenza di una ex cappelletta votiva, all’interno della quale sono ancora rinvenibili santini e preghiere lasciate dai devoti.

Del castello rimane poco. Nell’area in cui sorgeva sono visibili il torrione principale di pianta similmente rettangolare, i resti della cinta muraria e alcune casette, solo piccole testimonianze di antichi splendori. Si narra che il castello fosse stato voluto da Roberto di Lauro, conte di Caserta, sulla scia della fortezza voluta precedentemente dai Normanni. A loro volta, i Normanni rimaneggiarono un edificio già presente di cui ingrandirono l’impianto terrestre. La fortificazione rimase seriamente danneggiata da un violento terremoto, in seguito a cui probabilmente fu abbandonata.

Ma i resoconti anche degli abitanti del posto fanno registrare un altro momento nefasto per il Castello durante la Seconda Guerra Mondiale: sembra che i tedeschi avessero l’abitudine di aggirarsi per Monte Castello per trainare, grazie a dei buoi di fattorie del posto, un cannone che veniva nascosto di notte fra le mura del Castello e di giorno veniva usato contro gli Americani. Un giorno i contadini videro nuvole nere provenire dal Monte: si pensa che un tedesco non addetto all’utilizzo del cannone, per sbaglio ne fece partire un colpo che distrusse buona parte del Castello. In quello stesso giorno gli americani, venuti a conoscenza dello scoppio del cannone, mandarono dei soldati per verificare cosa fosse successo e, durante il tragitto, uno dei soldati mise il piede su una mina nascosta dagli stessi tedeschi e quindi lo sfortunato soldato morì in loco, seppellito dalle mura del castello che la mina aveva fatto esplodere.

Nel medesimo giorno una cannonata ed una mina distrussero ulteriormente il Castello, di cui quel che vediamo sono i resti di tutte queste vicissitudini.

Monte Castello - Ruderi del Castello medioevale
Borgonauti al Castello
Borgonauti al Castello
Resti del Castello feudale
Resti del Castello feudale

Il Santuario di S. Maria della Misericordia

Mentre il castello cadeva nel totale oblio, il luogo divenne anche sacro per la presenza di altari dedicati principalmente ad una Dea protettrice dei raccolti e, ancora oggi, a protezione delle messi, viene invocata colei che è semplicemente chiamata Madonna del Castello alla quale fu dedicato un tempietto intorno all’XI secolo, “Santa Maria De Murrone “ così come viene definita la chiesetta, citata già nel 1113 in una bolla del vescovo di Capua, Senne.

Poco più tardi, per difendersi dalle scorribande gli abitanti si ritirarono all’interno della fortezza costruendovi piccole abitazioni, di cui sopravvivono pochi ruderi, dando vita a Morrone. Questo spiega il forte legame del paese con Monte Castello, che in pratica sancisce la nascita stessa del borgo.

Secondo la leggenda, proprio fra i ruderi del castello feudale, fu trovata un’effigie della Vergine delle Misericordie; poiché la popolazione viveva in un’epoca di fame e sofferenza all’inizio dell’Ottocento, ciò fu visto come un segnale divino, tanto che gli abitanti del borgo vollero edificare un santuario lì, di fianco al Castello, per devozione, e da questa scelta ha avuto origine quindi il Santuario di S. Maria della Misericordia che tuttora sovrasta Monte Castello.

Il santuario è in tufo, con una facciata a capanna, affiancata da un semplice campanile quadrato. L’interno, ad unica navata, è ricoperto da stucchi del secolo XVIII.

 

Ingresso del Santuario
Santuario di Castel Morrone
Apertura dello scorcio
Apertura dello scorcio
Scorcio dal Santuario
Scorcio dagli archi superiori
Scorcio dagli archi superiori
Particolare della struttura in tufo

I vari passaggi della Storia

Sempre per sottolineare quanto la storia del borgo si intrecci con la storia della Penisola italica, dobbiamo ricordare come Castel Morrone abbia visto anche il passaggio di  Annibale e dei cartaginesi durante i celebri “Ozi di Capua”.

Un altro momento fondamentale della vita di Monte Castello ci fa avvolgere vertiginosamente il nastro della storia in avanti fino all’anno 1860, in pieno Risorgimento, e precisamente fino al momento in cui il Re di Napoli Francesco II, a causa dell’approssimarsi dell’armata garibaldina, lasciava Napoli per Gaeta, ordinando prima ai suoi soldati di arretrare oltre il Volturno per un’estrema difesa del Reame.  Il 28 settembre 1860, il 1º Battaglione Bersaglieri dell’Armata garibaldina, di stanza a Caserta, comandato dal capitano Pilade Bronzetti, ricevette l’ordine di raggiungere il Castello di Morrone


Murales Garibaldi

Come 300 furono gli spartani di Leonida alle Termopili, quasi 300 furono i garibaldini di Bronzetti al Castello di Morrone. Il 1º ottobre 1860 da parte borbonica fu dato l’ordine di attacco per l’ultima grande battaglia per la riconquista del Regno: al bivio di Dugenta, la Brigata Ruiz forte di ben 5000 uomini ebbe l’ordine di marciare per Morrone, piombare su Caserta e spezzare il fronte nemico sicché il Maggiore Domenico Nicoletti, comandante del 6º Regg.to di Linea “Farnese” dovette occuparsi dei garibaldini mentre il resto dell’esercito andava verso Caserta.

Nonostante l’evidente sproporzione delle forze in campo, Bronzetti intuì che a Castel Morrone potesse decidersi la sorte di tutta la battaglia del Volturno e non volle cedere di un millimetro. Alle11.00 iniziò la battaglia vera e propria che si protrasse per quasi 5 ore. Alla fine quasi 2.000 uomini combattevano all’arma bianca in un fazzoletto di spazio che, a colpo d’occhio, non sapremmo dire come facesse a contenerli.

Lo scontro si concluse verso le 4,00 del pomeriggio con la morte del comandante dei garibaldini Maggiore Pilade Bronzetti. Sono giunte a noi moltissime testimonianze che mettono in risalto non solo l’eroismo dei garibaldini, ma anche il coraggio e il valore dei soldati borbonici.

Nel punto esatto in cui cadde, una lapide lo ricorda:

Lapide per Bronzetti-Lato frontale del monumento
Lapide-Retro del Monumento
Vista da Monte Castello
Vista da Monte Castello

II combattimento assunse momenti altamente epici e drammatici ed alla fine si concluse con una ventina di morti di cui 16 garibaldini, un grandissimo numero di feriti ed oltre 220 prigionieri.  L’8 dicembre del 1887 fu inaugurato il monumento, una pietra triangolare ideata e scolpita dall’artista Enrico Mossutti, le cui epigrafi furono dettate da Matteo Renato Imbriani che, nel frattempo, era divenuto un notissimo patriota e deputato del Regno. Bronzetti viene anche ricordato all’ingresso della Casa Comunale.

Guardandoci attorno e sentendo i racconti del signor Pino abbiamo poi notato le tracce che anche la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza hanno lasciato sul terreno di Monte Castello: oltre ai segni di bombardamenti di cui abbiamo già parlato, la collina fu anche luogo di deportazione punitiva di diversi abitanti di Castel Morrone in seguito all’uccisione di due soldati nazisti.

 

I Borgonauti con la loro guida, il signor Pino!
I Borgonauti con la loro guida, il signor Pino!

Muovere i nostri passi in quel lembo di spazio antistante il Castello, in quello che era stato il campo di momento così epici o tragici, usare le chiavi per poter entrare nelle stanze della fortezza, affacciarsi e guardare il panorama dalla sommità della collina, leggere l’epigrafe sulla lapide dedicata agli eroi morti sul campo, per un momento, ci ha fatto entrare in una potente macchina del tempo che solo a fatica ci ha poi riportati al tempo presente.

Dalle trame intessute dalla Street Art alle delizie del palato

Al di là delle vicende storiche, delle Comole di cui ci ha parlato il signor Pino, alcuni tra i fenomeni carsici più interessanti del territorio, due crateri siti sul fianco di una collina chiamata Monte Fioralito, al centro della catena dei Monti Tifatini, che speriamo di vedere alla prossima tappa a Castel Morrone, al di là delle varie chiese presenti nel borgo e degli scorci meravigliosi che il posto può offrire, la sua natura agricola, testimoniata anche dalla presenza della Casa della Civiltà Rurale, viene resa manifesta a chi, per la prima volta, si ritrova a passeggiare per i vicoli e le piazze dei “centri” del borgo, anche grazie ai bellissimi murales che colorano i muri e le facciate di alcune case del paese.


Vico Villani in prospettiva - Murales di Marcella Di Patria e Luigia Massaro
La casa dei gatti - murales
Le arti ossigeno della libertà
Le arti ossigeno della libertà
Dettaglio Murales

Già nei pressi del nostro punto di partenza abbiamo potuto subito ammirare la street art firmata da Giovanni Tariello, il cui stile racconta molto bene il mondo contadino di Castel Morrone: la stessa pasticceria Sparaco, che da 30 anni riceve premi e riconoscimenti per i suoi notevoli prodotti dolciari – famosi i panettoni artigianali che abbiamo avuto la fortuna di assaggiare e i dolci ai fichi d’India per cui  il borgo è noto – ha deciso di realizzare packaging originali per la sua attività, sostituendo le solite confezioni monotone, incapaci di esprimere l’identità di un’azienda e di un territorio, con scatole che contenessero un quadro dell’artista. Le immagini di Tariello sono archetipiche e le stesse sagome, spesso solo disegnate a matita, sembrano richiamare elementi primigeni della storia dell’umanità.

Proseguendo poi per il tour tra i vicoli delle varie frazioni, si può giungere al Vico Villani e altre stradine dove i murales di due artiste, Marcella Di Patria e Luigia Massaro, ritraggono scene della vita rurale del borgo immortalando con una calda tavolozza di colori i raccoglitori con cesta sulle spalle, asini e galline, bambini stesi sui dolci pendii delle colline e naturalmente i protagonisti della flora del paese, i tipici fichi d’india che dominano il paesaggio! Altri graffiti li abbiamo potuti scorgere in mezzo ad antichi ulivi, durante una sosta sulle panchine di un giardino comunale, potendo così, ancora una volta apprezzare, il filo sottile che intreccia la natura, in questo caso degli ulivi da cui nasce un altro prodotto rinomato della zona ovvero l’olio, e la rappresentazione di essa tramite la street art.

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Murales con raccoglitore di fichi
Dettagli di vita rurale
Street art tra Ulivi e Fichi d'India
Dettaglio murales
La paura è l’antitesi della libertà

Su uno dei murales incontrati durante il nostro suggestivo itinerario è riportata la frase “La paura è l’antitesi della libertà” e proprio questa è stata la lezione trasmessa, in ogni modo possibile, dalla passeggiata a Castel Morrone, un borgo che ha dovuto convivere con la paura, ha voluto valorosamente combattere per la propria libertà e che mostra, con personalità e dignità, le ferite e i solchi scavati durante la sua Storia

La paura è l'antitesi della libertà

Flora Albarano

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